WHAT — A — FUCKIN’ — RIDE

Daniela Losini
4 min readDec 23, 2019

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Foto mia, lago insubre, novembre 2018

NON SCRIVO DA UN PO’ È DA UN PO’ CHE SCRIVO

Sto lavorando a un testo complesso e semplicissimo allo stesso tempo che mi sta impegnando molto in termini di energia. Soprattutto in quella della procrastinazione. Chi lo avrebbe mai detto, la procrastinazione. Il nome accettabile dell’auto-sabotaggio. Mi sto mettendo alcune trappole viventi per arrivare fino in fondo come Barbara (farò altri video prova così ci lavoriamo assieme, ok?), Laura (ti mando quella mail, anzi mandata ora), Betta (dice che non vede l’ora di leggere tutto), Michela che ha già un piano di organizzazione ufficio stampa. A Cat e Filo una sera mi sono messa a raccontare tutto il progetto. Mi hanno detto “Fallo, per favore”. Mi atterrisce la scalata ma mi sto allenando per scavallare anche questa montagna. Procrastino perché ho sempre scritto coi nervi scoperti. Sento tutto e restituisco quello che riesco nel modo più onesto possibile: come un dato di fatto. Scrivere/vivere così richiede una grande energia e una grande capacità di rigenerazione che vanno gestite con attenzione e cura. Quando questo progetto uscirà dalla mia testa e sarà racconto, starò meglio.

MI PRUDONO I PENSIERI DA GIORNI

Ho macinato molti chilometri fisici, non tutti quelli che avrei voluto macinare. Il giro del mondo l’ho fatto almeno tre, quattro volte. Ho ritrovato la mia forma, sono dentro alla mia pelle. La memoria del corpo è qualcosa di magico. L’anno prossimo 2020, compio 50 anni. Che bomba, mia madre dopo quella data ha avuto solo altri sei anni, per dire. Non so se questo spauracchio serva a svegliarmi una volta di più, perché se c’è una cosa che ho capito è che spesso la testa te la devi rompere davvero per capire le cose.

Continuo a pensare ancora che avvicinarmi alla morte non mi abbia resa né speciale né una persona migliore ma che mi abbia fatto ricalibrare, sì. Dalla propria natura più profonda non ci si può emancipare, migliorare forse. E se proprio non ci si riesce a fare anche quello, non è il caso di accanirsi.

Penso da un po’ alla lentezza, al passo indietro, all’amorevole distanza, al tempo dilatato, al presente. Quasi poco altro è faticoso come riuscire a vivere nel proprio presente, nel qui e ora. Quando ci riesco me ne accorgo perché sento subito una specie di brivido lungo la schiena e mi dico sarà questa la sensazione dell’esistenza? Fico. Penso alla magica retorica del riprendersi in mano la propria vita, la migliore illusione condivisa perché alla fine facciamo sempre in modo che le nostre vite vengano scandite. Ci sono una serie di regole nelle quali ci infiliamo per stare nel mondo. Sostituiamo routine che non vogliamo più con altre che ci appaiono più consone ma che sono figlie della stessa matrice: cosa ci faccio qui? Quale è il senso?

A questa domanda non sa rispondere il Dalai Lama (con molto amore per il mistero che è la vita) figuriamoci io. Il mio modo per scandire il mio tempo personale sono le storie: le vivo, le guardo, le scrivo, le vedo, le racconto, le immagino, le rielaboro, le sogno, le inseguo, le ascolto, le leggo, le storpio. Quando vuoi, raccontami la tua. Ti ascolterò.

LA PARTE DI LUNA CHE NESSUNO VEDE MAI

Nella parte di luna che nessuno vede mai ci ho trovato molta fatica e un dolore che mi ha tenuto sveglia per un lasso di tempo che mi è parso infinito e nel quale è stato complicato — talvolta quasi impossibile — ricordarmi che nessuna condizione umana è permanente. Ho lasciato spurgare il nero in piena solitudine, perché così deve essere ma non ho mai smesso di mandare messaggi. Quando ho ricominciato a camminare ho tolto pesi finché non ho percepito la certezza di arrivare alla tappa successiva, in un continuo aggiustare rotta, in perenne ascolto.

Mi sono spesso fermata per riprendere fiato e mi sono allenata con enorme disciplina. Ho ascoltato con attenzione le interruzioni, ho tolto l’odio da alcune parole che mi sono state dette perché divenissero più leggere da sopportare e quando sono diventate pece le ho bruciate per scaldarmi dal gelo del distacco.

Metto un punto sulla cartina per potermi ricordare come mi sto sentendo e dove mi trovo, oggi. Sono sorgente e origine, respiro e calore, desiderio vitale che non ammette dilazioni, tutto e ora, pura attesa e cammino, accoglienza e ancora, distacco. Persino le parole più crudeli che ho dovuto dire avevano dentro una via d’uscita. Inizio e Fine.

NON SANGUINARE DAVANTI AGLI SQUALI

L’unica moneta che conosco per rinascere si chiama dignità. Non si negozia con niente e nessuno come non si negozia con niente e con nessuno la propria libertà personale.

LE RAGAZZE NON SE NE SONO MAI ANDATE E NEMMENO I RAGAZZI

Siamo letteralmente circondati da brava gente: ne conosco parecchia. Non è una fortuna incontrarla, è un percorso. Sono la mia rete e io, la loro. Vi voglio bene.

LA MUSICA CHE GIRA INTORNO E IL MARE

Se potessi parlare attraverso le canzoni credo che lo farei. Il linguaggio della musica è diventato qualcosa dal quale non prescindo, è come respirare. Deposito nelle canzoni ricordi, sensazioni, persone, pensieri. Sono tornata al mare dopo averlo messo in secondo piano per almeno un decennio e ci sono tornata per non lasciarlo mai più.

NON VINCE MAI NESSUNO

Ci raccontiamo sempre moltissimo quando ci innamoriamo, gli inizi, tutto. Poco si dice invece quando si chiude: non ci insegna nessuno a farlo e farlo senza farsi male è impossibile. Farsene meno, sì. Non vince mai nessuno, nessuno è meglio di nessun altro.

EVERYBODY LOVES RIZZO

Mi sono dimenticata di tutto quello che ha fatto e detto Sandy, ma di Rizzo no, penso spesso alla sua pagnotta nel forno, al suo essere quello che è. Lei e lei sola brilla di luce propria, sbaglia e vive secondo l’unico vangelo possibile: se stessa.

Buon 2020 e buon viaggio a tutti, ci si vede alla stazione Gioia.

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