Vivere nella paura #4: not today

Daniela Losini
33 min readApr 2, 2020
VAL TREBBIA

Di seguito fatti, azioni, decisioni che possono essere utili, a me per ricordare, a chi vive la stessa situazione, e ho perso il conto, per sentirsi meno inerme.

Disclaimer: ricordate quella storia per cui cerchiamo sempre conferma delle teorie di cui ci innamoriamo? Il virus se ne fotte. Lui fa il suo unico mestiere, contagiare. Ci sarà il tempo dell’elaborazione, delle responsabilità penali, civili, personali. Adesso è il tempo della dignità, della fiducia e di essere coraggiosi, ognuno a modo suo.

Giorno 1 — martedì 24 marzo 2020

Sento mio padre al telefono. Ha tosse secca e raffreddore. Sento il gelo nelle ossa. Da quando stai così? Mi sono svegliato così, oggi. Chiamo mia sorella e glielo dico. Lui sta in una RSA nel comasco da un anno quasi. Sappiamo che hanno chiuso e preso le misure da due/tre settimane circa. Sarà stato sufficiente? Mi metto subito a cercare notizie in cronaca sulla sua struttura. Non trovo niente. Chiamo la caposala chiedendo esplicitamente se ci sono casi di Covid-19. Cristallina mi dice che ci sono persone isolate e due casi notificati alla ASL da qualche ora. Penso, terra di mezzo. Dal primo caso accertato hanno messo in atto la profilassi per contenere il contagio. Ora possono solo — e se ci riescono — arginare i danni dei quali non hanno idea della portata. Lo si capirà nei prossimi giorni. Stiamo facendo il possibile. I tamponi? Domando. Non ci sono, li chiediamo. Non ci sono. Non servono a un cazzo, si fanno troppo tardi penso. Unica cosa da fare è la lastra ma non sono attrezzati. Non sappiamo se esce il 112 per una cosa del genere. Ho capito tutto quel che non viene detto in tre secondi. Sono informata sui colori dei codici, sui valori della saturazione. Sotto 95 problemi, sopra ok. Adesso mando subito M. a misurare i valori. Sì grazie tenetelo monitorato, magari è solo un raffreddore. Unisco puntini. Tutto sfugge ma devo concentrarmi su due cose: essere lucida per sostenere lui e per trovare con la mia famiglia nei prossimi giorni costanti soluzioni a problemi enormi; a essere razionale e di metallo per tenere su me stessa. Nel pomeriggio mi chiama lui. Sono mesi che parliamo della morte, non abbiamo tabù. Mi tira fuori un po’ di teorie e poi dice mi dispiace dello schifo di mondo che ti lascio e che tu non abbia visto il Trebbia coi pesci. Magari tornano gli rispondo. Magari sì.

Giorno 2 — mercoledì 25 marzo 2020

Uguale a ieri. Parliamo delle cose che sto cucinando e mi chiede se sono felice e io sì. Non ha febbre, saturazione 97. Tutto nella norma.

Giorno 3 — giovedì 26 marzo 2020

Lo sento al mattino dice sai che mi sento meglio. Bene. Alle 17 dice di avere qualche linea di febbre e lo dice a mia sorella che mi avvisa e io avviso il personale della struttura che lo monitorino subito di nuovo. Avviso la rete familiare di sostegno. Febbre 37.5 confermata, si attivano tutti in qualche modo.

Giorno 3, sera

Oss prova febbre, 38.8 saturazione 97 (non deve andare sotto 95). Mi imprimo bene i dati. Parlo con lui e mi dice ho la febbre a 39, sto facendo le parole crociate. È lucido. Bene.

Giorno 4 — venerdì 27 marzo 2020

Sento oss febbre a 37.5 stamattina saturazione 97. Stabile. Parlo con padre gli chiedo allora come va? Lui ma sai che meglio? Non mi sento la febbre. E io bene dai. Cosa fai mi chiede, vedo qualche bel film. Brava ti saluto che mi riposo un po’.

Metto giù e penso ha la febbre ma non la sente, bene così non si abbatte psicologicamente. In una seconda telefonata gli chiedo, la febbre? Mi dice ma quale febbre? Ed è serissimo. Ha scordato di averla o crede di non averla. Penso, bene. Penso, male. Chissà quanti dal primo contagio non sapevano. Ormai il disastro è fatto. Sono di metallo, sono di mercurio, liquida, come il T1000. Cambio forma continuamente. Resiliente. Chiedo conforto, lo ricevo. Ho molta paura ma non sono sola, ho molte sorelle e molti fratelli. Parlato ancora con caposala: 2 casi ospedalizzati sfebbrati poi tracollo saturazione da 95 a 80 in poche ore, 1 morte sospetta 112 uscito a fatica. Prendono costantemente decisioni terribili. Stanno mettendo su ala isolamento nella struttura vicino dove c’è medico, al momento ci sono tre persone. Le indicazioni sono: notifica del caso sospetto (fatta); stare in quarantena (fatto); aspettare evoluzione (stiamo facendo). Se padre peggiora, quindi, finisce in isolamento in altra ala. Ho detto alla caposala di individuare subito con chi possiamo parlare dei medici che lo seguiranno, è l’unico contatto che puoi avere la parola, un cellulare, una persona. Sì glielo prometto mi dice. Chissà se promette e poi mantiene penso io. Ambra.

Giorno 4 — Riunione di famiglia al telefono, le strade sono due

  • 1 lo portano in isolamento dove hanno medico e se sta male decidere di tenerlo in stanza farlo assistere al meglio delle possibilità che il centro offre e finché sarà gestibile, se non ce la fa perché la lotta è ridotta tra il suo sistema immunitario e il virus, ipotesi due;
  • 2 quando e se non sarà più gestibile (dobbiamo pensare a tutto) dovranno chiamare ambulanza e se esce lo portano in ospedale e diventa un paziente Covid col protocollo che ne consegue; potremo solo telefonare (a chi?) per avere notizie se avremo la fortuna di riuscire a parlare con qualcuno.

Giorno 4 — Ore 1351

Sfebbrato nella sua stanza, tranquillo confermano altri due Covid positivi accertati. Continuano a chiedere tamponi. Non li hanno. A Milano c’è il sole, ho aperto la finestra sento il rumore della primavera. Padre stabile. Sono uscita a prendere della verdura e anche il gelato. Sì, il gelato. Ho il cuore nella gola e sono paralizzata dalla paura. Ci vado sotto e mi rialzo. Le ore sono lunghissime non finiscono mai, mai. Sono anni interi. Non sono capace di aspettare. Quando sono sola sono impazienza allo stato puro. Come faccio?

Giorno 4-Ore 1951

Febbre alzata, trema, saturazione 96. Lucido, continua a dirmi che mondo bacato vi lasciamo mi dispiace tanto. Intervengono se saturazione precipita, nel frattempo il circolo è questo. Dovrebbero fare radiografia più tampone ma gli ospedali sono al collasso allora si fa una scelta, il male minore. Penso a quanto sia difficile farle queste scelte a quanto sia difficile farle coi pezzi della propria vita. La mia rabbia si spegne diventa melassa e abbraccio per me per tutti noi che siamo livellati da questa impotenza potentissima. Non siamo alla tua altezza Covid. Troppo lenti, impreparati, burocrati, spaventati. Lenti, cazzo. Lenti. Lenti. Dio, che lenti che siamo. Allora mi fermo e accendo la mia luce di Galadriel, quella che illumina il buio più assoluto, quella che dà la speranza e anche questa parola risuona cristallina e pura e comincio a camminare nel tunnel personale. Sento le voci fuori della vita che scorre implacabile. Sono di nuovo lucida e cammino.

Giorno 5-sabato 28 marzo 2020

Scrive buon giorno sono ancora vivo. Bravo papà.

B. mi scrive: la normalità è il presente, anche se non lo riconosci. Stai in questo qui, in questo adesso. Avresti, comunque, avuto questo. Ti avrebbe comunque sconvolto tutto. Si è così. Sono dentro. Starci dentro è l’unica cosa che posso fare. Ogni 3/4 ore cambia tutto. Lo sto capendo strada facendo. Troverò anche io un gancio in mezzo al cielo? Prendo questo pezzo di virus nella mia vita e lo integro, se lo separo non riuscirò a gestirlo sarà sempre altro invece è diventato noi. Cerco di mantenere una routine nuova e di introdurre le variabili quando si presentano è l’unica cosa saggia che posso fare. Costante adattamento. Febbre abbassata. Bene. Ho parlato con mia cugina mi ha fatto ridere con le sue storie. Parlo con padre, stanco ma fa battute. Bene. Un mio amico mi segnala il dj set di Jo squillo su Instagram, mi svago per un’ora che bello. Joachella, che gioia sei stata.

Giorno 6-domenica 29 marzo

Febbre 37. 5 saturazione 96, lucido. Un po’ triste lo faccio sfogare poi gli calo l’asso mi sono fatta le tagliatelle coi porcini abbozza ma cosa dici ma da quando mangi i funghi ti facevano schifo; da un anno babbo non sei contento? ma si dai, solo porcini eh l’importante è esagerare, dice. Riusciamo a fargli avere la ricetta per le medicine protocollo Covid che possono aiutarlo tenendo conto della sua comorbilità e ingaggiando una lotta contro il tempo, la burocrazia e la distanza. Non sappiamo se servirà o meno ma si fa, si fa tutto. Gli arrivano forse domani, forse martedì. Dipende dalla fornitura della farmacia. Quante cose che si sono complicate. Sera giorno sei, lo sento è stanco, molto impaurito, voce assente, affaticato gli dico dai che passa e lui è presto per i monatti buona notte.

Giorno 7-lunedì 30 marzo

Mattino non risponde al cell chiamo il centro lo avvisano lui dice sto caricando, ok. Chiedo la rilevazione mattutina: febbre 37, saturazione 93. Tosse brutta, conati di vomito improvviso. Lucido e preoccupato mi dice non ti devi ammalare fai qualsiasi cosa per evitarlo; sì papà lo farò mi dice ma tu lo avresti mai detto che avremmo vissuto una cosa del genere e io no papà a volte penso che siamo dentro a un brutto film di fantascienza e che prima o poi ci sveglieremo e lui davvero dice, ho sempre detto ma perché sprechiamo energie in cose che non ci servono ci serve mangiare e un po’ di amore e invece ci siamo messi a correre incontro alla morte è vero papà hai ragione ti voglio bene dice e anche io dico. Le medicine va domani infermiera a prenderle coi suoi soldi, farmacia chiusa oggi. Le dico poi ci aggiustiamo, lei non importa. Le dico mi raccomando i valori, se va sotto i 92 chiamare 112 prima che collassino i polmoni, lo chiamiamo ma non sappiamo se esce. Restiamo zitte. Ho mille domande. Non c’è tempo. Col senno di poi come ti insegna padre, si riempiono le fosse. E le fosse sono al collasso, mi pare. Ricapitoliamo: mattino febbre 36.9, saturazione 93. Male. Adesso Mezzogiorno febbre 36.9 saturazione 97. Bene? È tutto molto complesso: tiri la copertina per coprire una parte, ne lasci scoperta un’altra in un ciclo pressoché infinito di ripetizioni e tentativi. Penso, bisogna andare fino in fondo senza mollare. Molleremo dopo. Dopo.

Giorno 7 — ore 1510

Entro oggi verrà trasferito al terzo piano monitorato h 24, hanno tirato su una struttura con medico e infermieri. Si chiama nucleo Ambra. Hanno anche ossigeno. Ambra come la nostra cagnetta. Ambra se ci tieni, poi mantieni. Hai mantenuto. Deliveroo ha perso la mia pizza, faccio una strage adesso. Ma prima qualcuno aveva suonato, forse? Ero al telefono con oss. Esco sul pianerottolo. Non vedo la pizza fuori dall’ascensore come avevo esplicitamente scritto nelle istruzioni. Cago il cazzo a Deliveroo. La consegna non è chiusa. Mi dimentico la chat aperta. Telefonata di padre. Sono le tre. Come cazzo è possibile che siano le tre? Esco a cercare la pizza di nuovo, è sulle scale magari? La trovo. L’hanno messa sul balcone interno e io non l’avevo vista quando sono uscita la prima volta. Ce l’avevo sotto il naso e mica l’ho vista. L’ho vista la seconda volta che sono uscita. Ho pensato a quante volte non si vedono le cose perché non le cerchiamo bene e non ci proviamo meglio della prima. L’ho trovata. Non mi sono mica arresa. Scrivo nella chat, ordine pervenuto. Rifletto: io però avevo scritto di metterla fuori dall’ascensore, non sul balcone interno. Dio del tuo Dio, fate esattamente ciò che vi viene detto. Non interpretate. Mi si accende il cervello e ho una idea. Basta interpretare, solo fatti. Ma anche l’immaginazione serve, se non immagini non trovi soluzioni alternative.

Giorno 8-lunedì 30 marzo 2020

Stabile, mattino 37.7, saturazione 96. Leggo sul Post: In Lombardia non stanno facendo tutti i tamponi che dovrebbero fare. Noi siamo quella notizia. Note a margine: ho avuto a che fare con una parente che mi ha fatto perdere 10 minuti per un numero di telefono; una dottoressa che non si è fatta trovare poi quando l’abbiamo trovata è stata inutile come un buco del culo sul braccio; una centralinista non voleva passarmi una persona che aspettava una mia telefonata. Ho ottenuto tutte e tre le cose bestemmiando. In totale 30 minuti persi oggi 30 marzo ore 1651 è andata bene, dai.

Giorno 8-Ore 16

Ho la CERTEZZA che le medicine ci sono finalmente, domani iniziamo: è presto, è tardi? Ce la faremo ? Non lo so. Si fa tutto. Nomi nuovi: Nucleo Ambra, dottoressa S., infermieri nuovi. Mio nipote mi chiede al telefono zia hai lo psicoraggio per i Pokémon ? Certo che ce l’ho, con chi credi di parlare? Ridiamo. Stasera padre spara cazzate a raffica e mi racconta le barzellette, madonna come mi fa ridere, che buffo. Ho molta paura dei giorni che verranno.

Giorno 9-martedì 31 marzo 2020

Valori stabili, tosse brutta primo giorno di terapia mi ha telefonato 24 volte dimenticandosi ogni volta di averlo fatto in preda al delirio, ho cercato di calmarlo ogni volta. Ho chiamato la psicologa per calmarmi anche io, stavo impazzendo di angoscia, è molto faticoso il carico mentale seppure condiviso perché ci aiutiamo in famiglia ma è faticosissimo e pesantissimo. Se non ho il vuoto mentale non riesco ad aiutarlo, gli ho detto prendi esempio dalla mamma fa come farebbe lei hai ragione farò così dice, sono molto stanca stasera. Stacco tutto. Devo recuperare. Non ci riesco: mia cugina mi scrive. Siamo diventati notizia ufficialmente. Niente che non sappia già da 10 giorni. Solo diventa tutto più reale e presente. Torna tutto che mi gira la testa dalla precisione. Lo chiamo per salutarlo la sera. È demoralizzato gli parlo della mamma (colpo basso) e gli dico cosa ti direbbe adesso? Di tenere duro e quindi cosa facciamo? Ci proviamo. Bene. Ma io non ho la dignità che ha lei. Oh si che ce l’hai basta pensare a come ha fatto e tu fai lo stesso. Sei molto coraggioso. Va bene, dice. Non oso pensare a come si senta là da solo. Siamo legione. Tutto questo fa schifo. Schifo. Sarebbe successo lo stesso prima o poi: ha 80 anni da un anno è fragile e bisognoso di cure e di certo non ringiovanisce, sarebbe successo lo stesso e i sentimenti sarebbero stati uguali. Ma non mi consola. Fa schifo + schifo adesso. Doppio schifo. Sulla notizia ufficiale penso alla sua dottoressa che non ha fatto nulla, chissà se nel processo di Norimberga per le vittime di Covid ci sarà un girone apposito per i burocrati di merda. Risento le sue parole: non posso notificarlo se non ha la febbre. E le mie: ho detto che ce l’ha da 36.9 a 38.8 da 5gg, ascolta quando parlo? Te lo dico io. No.

Giorno 10-mercoledì 1 aprile

Saturazione 96, febbre 36.9. Chiama lui e racconta cose, ascolto mentre cucino. Sento mio zio eh ho letto la notizia che disastro, dice. C’è ancora gente che sostiene sia un’influenza; peccato che non gli viene il virus al culo magari lo capiscono. Ridiamo come matti. Ridere mi aiuta, come i film, i gattini, i meme. Mai come in questo momento benedico gli enterteiner, l’arte, la brava gente, i cuori malandati sulle chat, gli amici teneri, la mia rabbia di panna. Valori stabili, sento che ha ripreso in parte il controllo mentale. Bene. Aiuta.

Giorno 11-giovedì 2 aprile

Mattino stabile. Proverbio di oggi: il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare (dall’almanacco quarandattryeno). Fiducia.

Giorno 11, pomeriggio

Alti e bassi, dove sta è il più sano di mente ci sono pazienti con Alzheimer che urlano, una in particolare. Tengono chiuse le porte ma la sentono lo stesso. Lui chiama e scrive. In alcuni momenti si sente la lucidità, in altri il terrore. Siamo al terzo giorno di cura. Ho poco da dire, non ho la forza. Faccio il mio dovere e mi eclisso. Valori stabili. Gli portano i tappi per le orecchie. Non sente più la paziente che urla. Bene, risolta anche questa.

Giorno 12-venerdì 3 aprile

Mattino. Molto confuso. Risponde a domande che nessuno gli ha mai fatto, non ascolta. Ottengo però risposta sui valori 37.8 saturazione 96. Quarto giorno di cura. Sui numeri risponde preciso come un orologio. Bene, ma potrebbe andare meglio. I polmoni tengono, buon segno.

Giornata tranquilla, sono le 1617 del pomeriggio. Mi innervosisce la sua debolezza cerco di mediare con questa sensazione. Non sono una di quelle persone che crede che la morte sia amnistia. Quel che sei stato in vita ti definisce mentre lo fai non dopo. La morte illumina, non oscura, chi sei veramente. Forse è di questo di cui tutti abbiamo – a ragion veduta – paura. Ci sta. Ci faremo i conti. Ci possiamo fare i conti persino, se lo vogliamo anche durante. Ognuno di noi è il virus di se stesso, solo noi possiamo guarirci da soli. Padre scrive messaggi, quando scrive il suo pensiero è più articolato. Bene. Quando straparla seppure abbia le sue ragioni, diventa intollerabile. Porto il mio peso, lui il suo. Dice tu sì che sei centrata. Da qualcuno avrò imparato.

Giorno 13-sabato 4 aprile

Peggiorato improvvisamente, valori da 96 a 90, oscillano. Struttura ci chiama per chiedere cosa vogliamo fare. Loro sono attrezzati con ossigeno in caso (me lo ricordo perfettamente mi sono sincerata di questo una settimana fa) e in estrema ratio anche con cura palliativa. Quindi decidiamo in ultima istanza di applicarla nel caso in cui sia necessario. L’alternativa è che muoia soffocato. Ed è una alternativa intollerabile. Altra alternativa: 112 e poi terra di nessuno.

Lo videochiamo gli faccio vedere le piante di casa e il mio skyline. Che bello dice. Respira a fatica, colorito rosato. Dio che malattia bastarda, infida e subdola. Mia cugina scrive niente roba farlocca, siamo gente che ne viene fuori o comunque ci prova. Siamo gente che non molla e va fino in fondo. Nel frattempo, obbligo di mascherina per tutti. Fontana, Gallera e company li voglio condannati a sette ergastoli. La Lombardia sta come sta perché ha distrutto il sistema sanitario, messo i soldi davanti a tutto e tutti. Vedo attorno a me ognuno che si sceglie il suo nemico. Chi la gente che corre, chi i vecchi, chi lo stato. Forse lo faccio anche io. È meglio che conservi la mira per altro. È meglio che conserviate tutti la mira per altro.

I valori oscillano tra 96 e 90, 90 e 96. La dottoressa ci dice siamo molto preoccupati e stiamo intervenendo dove e come possiamo.

Giorno 14-domenica 5 aprile

Ci parliamo al mattino. Più ciarliero che depresso. Bene. Mi sono svegliata con un tremore addosso che non mi sta mollando. La discopatia si è riaccesa. Mi sento senza pelle, come se sentissi tutto troppo e con troppa forza. Ho appena letto del disastro delle Rsa in Lombardia. Appena ci sarà una causa civile perché ci sarà, mi ci metto. Avremo quella giustizia? Non lo so. Ma la memoria sì. Comincia già da queste parole, la memoria. Non voglio stare calma solo per non essere lo specchio preciso della vostra paura e poi andateci voi che l’avete votata sta gente a dire a mio padre e a tutti quelli come me che dobbiamo stare calmi. Che dobbiamo essere razionali, smorzare i toni, che bisogna essere cauti. Guarda come è cauto questo contagio. Guarda.

Voglio dire una cosa: ho cento ragioni per essere arrabbiata per cento validi motivi ma voglio scusarmi se in alcuni momenti ho esagerato. Detto questo, vaffanculo.

Stavo pensando che anche io ho bisogno di un nemico, poi mi son detta ehi ma me lo stanno servendo. Non mi devo distrarre. Non ci dobbiamo distrarre.

Giorno 15-lunedì 6 aprile

Voce più viva e presente. Valori stabili nell’oscillazione. Lui in modalità nonno di tutti. Oggi è il compleanno della Manu. 35 anni di amicizia. Stasera ceniamo assieme via video chiamata. Le faccio una torta. Che mangerò io chiaro. Sono molto stanca. Devo pagare bolletta e scrivere articoli. Funzionare aiuta. Sono efficiente. Non ho smesso mai. Posso pretendere anche meno da me stessa. Direi. Lo videochiamo, ha ossigeno ed è in totale paranoia perché dal vicino di letto ha saputo che il nostro dottore storico (ancora amico di famiglia) *Dottor M., è intubato. Ci mancava solo questa. Gli faccio vedere cosa ho cucinato, lo distraggo. Ci riesco. La sera festeggio con Manu il suo compleanno e ci guardiamo assieme Harry Potter.

Giorno 16-martedì 7 aprile

Mi sveglio dopo un sogno terribile che mi lascia un sapore orrendo in bocca. Non ho voglia di parlare con nessuno. Faccio la telefonata del mattino. Lo tiro su è stanco. I valori sono 37.5, saturazione 83. È assistito bene con ossigeno. L’alternativa rimane terrificante (ospedale + terra di nessuno) è gestibile e rimane in una situazione umana, siamo d’accordo tutti in famiglia. Il male minore, sempre male comunque. Pensiero laterale: questa società non è capace di accogliere la tristezza, di dargli il valore che merita. Bisogna sempre rassicurare sul proprio stato. Tutti gli stati umani sono normali, tutti impermanenti, tutti importanti. Se non li sapete gestire voi gli stati negativi, il problema non è MAI di chi li prova. Ho fatto la pizza, è venuta una semi-merda estetica ma molto buona. È andata meglio col dolce. ‘Sta giornata non finisce mai, cazzo. Padre tiene botta. Faccio yoga e la mia mente mi spinge a strafare. Vado in tilt, il corpo si ribella. Poi ritrovo equilibrio. Vedo Harry Potter con Manu, seconda parte. Il mio on demand è in differita di un minuto, ridiamo a ogni spoiler. Ogni tanto mi si chiudono gli occhi. Gli amici mandano cuori, rispondo con cuori. Mi manca molto essere abbracciata ma ho un bellissimo cuscino a forma di arcobaleno.

Giorno 17-mercoledì 8 aprile

Stamattina fatica sempre a respirare ma sento che l’ossigeno lo aiuta. Lucido, mi racconta dei suoi viaggi, dei mercati vivi che ha visto in Cina. Dice che brutta cosa. Dovremmo smetterla di mangiare cose che erano vive. Penso alla quantità industriale di verdure che cucino. Mangio pesce, pollo, carne una volta la settimana. Sono le batterie di allevamento a essere orrende, ma mica da adesso. Domenica cosa vorrei per Pasqua? La pastiera! B. dice che Igino la fa e che potrebbe farmela avere. Che sogno. Stamattina ho capito che posso fare un passo indietro e riprendere fiato. Downshifting for a better life. Non lo so mica cosa vorrò dopo, lo capirò. Ci vuole pazienza anche in quello, che lusso la pazienza, la lentezza, la delicatezza, la gentilezza. A volte sono una troglodita posso migliorare, diventare una cavernicola ad esempio. Con le Prada, chiaro. Ci sentiamo ancora un paio di volte, tiene duro. Parliamo tranquilli. Meglio, anche psicologicamente, sento vecchie rabbie che si allentano e se ne vanno come nuvole. Bene.

Giorno 18-giovedì 9 aprile

Sempre ossigeno, sempre 37.5, saturazione 83. Gestibile in rsa, anche secondo altro parere medico che ho sentito, in qualche maniera è ancora autonomo. Nella difficoltà della situazione, è accettabile. Stanno facendo il possibile per accudirlo. Questo rincuora molto. La distanza fisica si percepisce meno in questi giorni di crociera. C’è quasi una routine ed è un sollievo mentale che mi consente di gestire meglio anche il resto della mia vita che non è affatto semplice. Ho un cortile bello spazioso e non ho più paura di usarlo. Faccio yoga con un bel gruppo di gente. Nutro e svago la mente con film cineterapici. Cerco di seguire il nuovo ritmo personale. Non ho nessuna voglia che tutto torni come prima. Bisognerà trovare un compromesso. Oppure no. Lo scopriremo. Continuano a uscire articoli sulle decisioni criminali prese dalla Regione verso le rsa. Li sto raccogliendo. Sono da una parte la conferma di tutta una serie di supposizioni e dall’altra un incubo che non sembra avere una fine.

Giorno 20-venerdì 10 aprile

È il suo compleanno 80 anni. Gli scrivo presto e gli faccio gli auguri. Mi risponde 80 anni e non poterli vendere. Sagoma. Dalle 14 in poi peggiora. È molto angosciato. Non sente il telefonino. Dopo venticinque minuti una oss molto gentile va a controllare se sta bene. Glielo dice che lo stiamo cercando allora chiama lui. Sono stanco, hai ragione papà. Come faccio? Chiede. Fai come sei capace che va bene così gli dico. Verso sera aiutato da una oss mi manda un vocale con la buonanotte. È molto, molto stanco. Dice a mia sorella che non vuole più parlare con nessuno se non con noi. Ogni ora di oggi è stata un secolo.

Giorno 21-sabato 11 aprile 2020

Dormo abbastanza tranquilla. Lo chiamo e al mattino è sempre presente. Dice che è arrivato il te ed è contento. Vorrebbe essere già dall’altra parte dice, fai come ti senti gli dico io. Hai dolori? Qualcosa che ti fa male? No, no. Si innervosisce perché vorrebbe la tv. La questione va avanti da giorni. Ci vorrebbe un tecnico per l’antenna. Dove lo trovi un tecnico che entra in un focolaio? Per tranquillizzarlo gli ho detto non arrabbiarti devi pensare che siamo in guerra e che la tv è qualcosa di cui si può fare a meno. Ti curano? Ti seguono? Si però il pappagallo magari rimane lì due ore. Ma tu chiami il personale? Non lo so, mi dimentico. Allora magari ricordati di farlo. Certo lo farò. Gli dico ti mando dei link su whatsapp con dei documentari. Va bene. Gli avevo insegnato come fare ma non si ricorda. Schiacci sopra e ti vedi il video, ti ricordi? Glieli mando. Ogni tanto gli scrivo per dirgli hai visto? È lui mi risponde cosa? Non preoccuparti. Tutto a posto. Nel pomeriggio mi chiama compatibilmente presente e percula il vicino di stanza che è ricordiamolo, un prete. Mio padre dice secondo me non capisce un cazzo non sa rispondere al telefono, legge il breviario e chissà cosa pensa di leggere. Sti preti che per una vita si fanno fare le cose dagli altri poi quando sono da soli manco sanno come funziona il loro telefonino. Mi dice mi han messo in stanza con uno che non capisce una minchia vabeh passerà anche questa e se non passa, pazienza. Eccolo qua il suo spirito. Eccolo. Sembra Calcifer, adoro. Mi richiama e continua: mi sono dimenticato di dire che questo qui secondo me non ha mai capito un cazzo in vita sua. Dito, luna. Surreale. Rido.

Giorno 22-domenica 12 aprile 2020

Ha cellulare spento. Lo dico a mia sorella. Dice che ha sentito struttura lo stavano lavando e glielo hanno detto che ha telefonino spento. Dicono lucido e presente. Mia sorella dice prima o poi accenderà telefono, sai com’è fatto. Si ce lo vedo a smemorarsi di accenderlo o a essere convinto di averlo fatto. Ci sta tutto. D’altra parte mi dice dobbiamo credere a quello che ci dicono, fidarci. Non è quello che stiamo facendo dal giorno uno con grande esercizio di pazienza? Non è quello che abbiamo fatto nel momento in cui lui mesi fa si è rotto in mezzo alle altre soluzioni per accudirlo? Poi nessuno lo dice ma la vecchiaia per alcuni è puro profitto, per chi la vive e per noi un peso. Non tutti sono come mia nonna, 92 anni, che si fa ancora da mangiare da sola e mi chiama per sapere se sono felice. Per alcuni è incessante bisogno di cure. Lo dico in modo neutrale. Come fai, fai e finché va bene, va bene. Quando babbo dice che vuole mollare questa valle di lacrime, ha le sue sacrosante ragioni. Aspettare è la cosa più difficile da fare: lo fai da fermo? Cosa fai? Leggi? Se non riesci a leggere? Vedi film? Se non riesci a cliccare su un semplice link? Parli coi tuoi? E se ti stanca persino quello? Riusciamo a parlare con medico, dice che ha avuto un episodio di svenimento poi si è ripreso in generale tiene botta il suo fisico ci dicono che al prossimo episodio dovranno chiamare 112 per potergli garantire maggiore assistenza con casco CPAP, lui tiene ma è debilitato. Ci sono buone ragioni per pensare di poterlo curare, dicono. Il telefonino ci dice oss che si è rotto, pare sia caduto. Ora io e mia sorella stiamo brigando per fargliene avere uno. Riesco a parlargli dal telefono della struttura e lo tranquillizzo. Dio che situazione. Dio come è tutto una montagna da scalare. Ma nessuno molla. Ok telefono nuovo consegnato. Ci parlo. Più tranquillo. Anche questa fatta, grazie sorella. Scrivo una mail a struttura e poi riesco a parlare con infermiere. Gli dico di stampare il mio cell e quello di mia sorella per fare in modo che qualcuno ci avvisi dal 112, in caso di chiamata. Infermiere scrive e prende nota. Poi mi dice se lo portano in ospedale ci sarà un numero da chiamare apposta. Già vedo l’ennesimo tunnel e già voglio bestemmiare ma non ora, non spreco altre energie. Not today. Not today.

Giorno 23-lunedì 13 aprile 2020

Ci parlo è agitato ma presente. Parlo con infermiera. Stamattina alle 5 ha avuto un’altra crisi respiratoria. Siamo in contatto col medico che farà qualsiasi cosa per gestire la situazione avvisandoci. Ora mattina inoltrata, pare stare meglio. Ma è sempre così: su e giù, su e giù. Non ha dolori, è molto stanco. Non molla. Nemmeno noi. Nel pomeriggio verso le 17 provo a chiamare perché risponde a sms che ho mandato ieri. Chiamo e il cell nuovo è spento. Pazienza, padawan. Pazienza. Avviso mia sorella. Richiamiamo troviamo infermiera che va a vedere se va tutto bene. Gli riaccende e gli mette il cellulare sotto carica. Chiama lui. Ho mangiato le mele cotte, dice. Uno stillicidio, ecco che cosa stiamo vivendo, uno stillicidio. Detto questo ci diciamo delle cose buone e ci diamo la buona notte. Si chiama presente, anche nella tormenta c’ è bisogno di brandelli di normalità. Ci si prova in tutti i modi.

Giorno 24–14 aprile 2020 martedì

Ci parlo al mattino. Fa sempre fatica ma tiene botta. Non riesce a rispondere al telefono perché non è capace, dice ma poi ti richiama lui. Oggi va così. Persino una cosa semplice e fattibile come la comunicazione telefonica diventa una montagna invalicabile. Ci danno una mano compatibilmente ma è molto, molto difficile tutto, molto faticoso. Siamo d’accordo che chiamerà la Dottoressa S. nel momento in cui cambierà qualcosa. Chiamerà davvero? Sapremo davvero cosa succede e come succederà? Prendiamo costantemente decisioni su ipotesi lo facciamo sempre, ogni momento. Ma adesso è tutto più reale in modo atroce. Non c’è scampo. Non ci sono risposte univoche. Forse nemmeno prima. Solo che ora non è più possibile avere ventagli di scelta. Ma l’abbiamo mai avuta questa scelta? Ho deciso che dare i numeri costa troppa fatica, perciò non li do.

Giorno 25–15 aprile 2020 mercoledì

Mi scrive un sms, parla con mia sorella stamattina. Il medico non ha chiamato. Buona notizia? Cattiva notizia? Sono vere tutte e due le cose. Nel pomeriggio mi chiama lui. Ciao tesoro come va? Tengo botta padre. Brava. Abbi cura di te e non ammalarti. No farò il possibile. Promesso. Brava. 25gg di malattia, dalla scarna ma accessibile letteratura medica pubblica sul corona virus emergono un paio di tratti comuni. La terza settimana è la peggiore. Sarà vero? E le variabili? Quante informazioni utili e inutili nello stesso istante. Ieri mi sono scrollata di dosso un po’ di polvere che mi era rimasta addosso mentre stavo ferma a pensare a delle cose molto lucidamente. A un certo punto stavo impazzendo, troppi pensieri e nessuno consolatorio. Davanti alla scelta se farlo o non farlo ho cominciato a sminuzzare tutto il magma e ho pensato che impazzire costa una tale fatica immane che mi sono sentita agghiacciare dallo sforzo. Mi sono proprio fatta la domanda: ma cosa succederebbe se impazzissi, se smettessi di fare quello che sto facendo come lo sto facendo? Credo cambierebbe poco, dopo una iniziale e prevedibile buriana. Come quando fai cadere un castello di carta e si incazzano tutti. Dopo qualche tempo verrebbe dimenticato il fastidio e tu saresti di nuovo lì, con lo stesso problema e un fastidio in più. Ci sarebbe anche una sorta di piacere perverso nel mollare tutto. Smettere di funzionare, delegare tutto. Casa, cose, lavoro, famiglia, soldi, solo io e la mia pazzia. È pazza, lasciatela stare. Quasi quasi esco a urlare come una matta per ore finché qualcuno non chiama le forze dell’ordine. Mi arresterebbero subito? Mi farebbero un TSO? Chi avrebbe il coraggio di parlarmi ancora dei miei amici? Quanti si vergognerebbero? Io mi vergognerei? È perché dovrei? Oh mi si è rotta la mente, come si rompono gli arti quindi prima o poi guarirebbe, no? Che cazzo me ne frega. Nel mentre sguazzerei negli psicofarmaci e forse starei in un imprecisato luogo dove è sempre consentito essere fuori di sè. Se si sbrocca, si sbrocca bene non così tanto per. Scomparirei da ogni luogo dove sono passata e verrei dimenticata presto, c’è così tanto da fare ora che dovrei davvero impegnarmi in modo sovrumano per essere considerata. Che fatica cazzo, che fatica questo momento dove nemmeno uno sbrocco in piena regola può distrarti dal presente. Ma che bello sarebbe non occuparsi più di nulla, qualcuno mi darà le medicine, da mangiare, mi laverà, io sarò in un altro luogo con la testa. Per quanto tempo? Due settimane? Un mese? Un anno? Poi dopo? Mica riprendo da dove ho lasciato. Eureka. Metto assieme tasselli. È già successo qualcosa per cui molti di noi non riprenderanno da dove hanno lasciato. Il tempo sospeso di cui parlavo quaranta giorni fa è diventato la nuova realtà. Non serve andare per strada a urlare il proprio dolore. Lo stiamo già facendo tutti da giorni. Lo sto già facendo scrivendo di catarsi continue e ininterrotte quindi risparmio le forze, back to square one. Dico che non ce la faccio ma ho già spostato più in là l’asticella. E la sposterò ancora e ancora e così, anche voi.

Giorno 26-giovedì 16 aprile 2020

Compleanno di nonna. – «Ciao nonna, buon compleanno» (92 anni). «Ti è andata bene che non hai trovato occupato». Cellulare spento di padre, sempre per gradire quella suspance di cui abbiamo così bisogno ora. Poi mando sms, a un certo punto risponde. Lo chiamo, mi richiama. Parliamo un po’. Il resto della giornata scorre senza intoppi. Io sono morsa dai dolori al braccio. Prendo un miorilassante, sono esausta. Stacco tutto. La sera sogno a occhi aperti e in uno di questi sogni sono al mare, ti scrivo raggiungimi e tu lo fai. Arrivi verso sera, sono in veranda. Ti sento camminare, sei dietro di me, non parliamo e poi, non sono più affari vostri.

Giorno 27–17 aprile 2020 venerdì

Giornata difficile. Quello che si è cercato di gestire non è più gestibile. Sono in cigo oggi, niente lavoro. Sono organizzata per la spesa. Esco e mentre sono in fila padre mi chiama disperato mi porteranno in ospedale, lo so. Ma te lo ha detto qualcuno? Non me lo ricordo. Lo calmo, gli dico ma se serve andarci cosa facciamo? È lucido perché non è in preda al panico, si capisce perché mi ascolta attentamente qualsiasi cosa dico e gli dico solo cose che hanno senso per noi, quelle di cui parliamo da mesi. Si calma. Sotto ho chiamata della sua dottoressa, devo rispondere al medico, ti chiamo subito dopo, dico. Mi dice che vale assolutamente la pena di portarlo in ospedale per le cure. In famiglia siamo d’accordo che non essendoci alternativa, a un certo punto, avemmo accettato. Fa terrore ma che fai? Vai fino in fondo, non molli. Dottoressa i nostri numeri di telefono tatuati addosso e per favore continuate a dirgli che siamo lì con lui in ogni momento, è intelligente deve sapere che è supportato psicologicamente. Se vi fa domande su di noi glielo dica. Sì lo farò. Ora chiamo ps per avere notizie, le avrò? Mi aiuteranno? Ce la faremo a sopportare tutta questa fatica? Chiamo ps, mi risponde infermiere gli chiedo notizie di padre, sono la figlia non dubitano nemmeno, non ti fanno mezza domanda in più, controlla subito dove è e come sta. Me lo passa: padre è fuori di sé perché non ha gli occhiali e il telefono. Mi urla addosso. Lo faccio sfogare e poi gli dico, ti porteranno tutto, cerca di stare calmo, papà. Si tesoro hai ragione. Infermiere si segna il mio cell e quello di mia sorella sulla cartella clinica. Grazie. Mi metto a cucinare, mi rilassa vado in un altro mondo pieno di profumi e abbracci materni. Quanto mi manchi, mammina.

Giorno 28-sabato 18 aprile

Parlo con medico di turno mi dice tutto. Ha delle crisi respiratorie, il casco subacqueo non ha funzionato hanno messo il pallone. Dicono vigile molto spaventato, polmonite bilaterale interstiziale confermata (cose che già sapevamo, abbiamo solo la conferma clinica) il quadro clinico è grave, ma lui è grave da 28gg penso e non molla. Dico per favore scrivetegli su un foglio che la sua famiglia gli è vicina. Deve sapere quello. Deve sapere di essere sempre pensato. È così. Gli scrivo sms. Il cell è spento ma gli scrivo lo stesso. Il dottore con cui parlo dice lo faccio. Glielo dico tre volte deve fare questo ha capito bene? Sì lo faccio. Mi telefoni tra un paio di ore che la aggiorno. Spero di non doverla chiamare prima io. Lo spero anche io. Scriva quei messaggi. Sì. Grazie.

Giorno 29–19 aprile domenica

Parlo con lui: fa fatica a respirare, lo sento presente, incazzato. Dice voglio andarmene. Vuoi uscire? No all’altro mondo. Non so se c’è posto gli dico. Ma insomma che fatica pure questo, risponde. Papà ma i dottori te lo dicono quando chiamiamo? Ti portano i messaggi? Sì, sì. Riparlo con dottore di turno. Sono sorte delle complicazioni molto serie extra coronavirus. Stanno facendo tutte le indagini. Aggiusti una mezza cosa, se ne rompe un’altra. Oggi sono quattro anni dalla mia embolia. Sono viva, mi do un pizzicotto. Sì sono viva. Ho anche fame.

Nel pomeriggio le infermiere del reparto G. e L. mi chiamano col tablet dell’ospedale. Si sono messe a sistemare cose e hanno acceso cell di padre per farlo funzionare. Tutte coperte dall’equipaggiamento, simpatiche ed energiche. Le ho amate. Ci sono alcune difficoltà tecniche ma riusciamo a fare una chiamata con padre, mia sorella e mio nipote. Per un paio di ore è tutto normale. Bellissimo.

Giorno 30–20 aprile 2020

Chiamo il cell di padre e mi risponde infermiera (mai mollare a volte vedi il culo) che poi mi passa il medico e mi dice le cose che sappiamo. Le complicazioni, la comorbilità, il pneumodiastino del cazzo che ci mancava solo quello. Le indagini continuano. Sembra sia legato allo sforzo che fa il corpo per sopperire alla respirazione, richiesta dalla polmonite Covid. Raro ma compatibile. E perché mai dovevamo farci mancare la rarità. La prognosi rimane quindi riservata. Sono dentro un labirinto mentale da ieri. Bloccata da qualche parte, ho da sciogliere delle nebbie e tornare nel mondo sottile. Sento la melassa collosa di certi pensieri ineluttabili che mi impedisce di muovermi. Ho paura. Tantissima. Mi terrorizza tutto. Come si esce da un labirinto? Ora ci penso, un modo lo troverò. Alle 16 chiama Dottoressa S. del reparto Primo B. dove ci sono i covid. Mi dice le cose che conosciamo già e che in caso di necessità intubarlo sarà rischioso dato il pneumomediastino. Al momento con ossigeno satura a 92 è vigile e presente. A un certo punto mentre parliamo il mio cell si spegne. Richiamo ospedale e mi faccio passare il reparto e becco una che mette in dubbio che stessi parlando con la Dottoressa perché, dice, è uscita un quarto d’ora fa e manco mi fa dire il resto. Le dico mi è appena caduta la linea. Seccata, provo dice, però è andata via. E io, provi provi. Torna e dice eh non risponde. Mi può passare lo stesso il reparto? Grazie. Mi risponde di merda e seccata. Eh ci provo ma non c’è nessuno. Faccio un lungo respiro. Ascolti cambi tono, non ci siamo. Sono stata cortese adesso però siccome non ci siamo ricominciamo daccapo. Alzo la voce MI PUÒ PASSARE IL REPARTO PER CORTESIA. Naturalmente non molla e dice eh ma non è colpa mia se la mascherina fa arrivare la mia voce male. La mascherina le impedisce di rintracciare il medico? No. OK allora cosa sta aspettando? Grazie molto gentile, datti fuoco. La cretina scompare dal mio radar e la dottoressa magicamente risponde. E finiamo di parlare. Prassi: aggiornano una volta al giorno. Poi se babbo riesce o ci sono medici e infermieri a portata si riesce a parlare anche dal suo cell. Ci si prova. Ci si prova. Sono già lì con le chiamate a nastro.

Giorno 31-martedì 21 aprile 2020

Provo a chiamarlo ma non risponde. Mando messaggi lo stesso. Lo faccio sempre. Oggi ho la testa sgombra dopo cinque giorni pesantissimi. Fino alle 1530 rimaniamo tutti nella quieta speranza. La dottoressa chiama mia sorella nel pomeriggio e le notizie non sono buone. È peggiorato. ossigeno, piastrine, globuli in caduta. Malattia subdola, infida, perfida. Lo hanno sedato. Io spero solo che non senta dolore. Penso a molte cose con grande calma e lucidità. Sento di poter fare tutto, credo di avere un delirio di onnipotenza. Mi sento uno schiacciasassi. Poi sarà il mio turno di schiantarmi magari con un clic chirurgico o col rumore del ghiaccio che si stacca dal Perito Moreno. Il Perito Moreno! Mi viene in mente il viaggio che abbiamo fatto nel 2004 in Argentina io e te, babbo. Che esperienza pazzesca. Ho le foto in analogico da qualche parte. Mi appunto di trovarle. La pace, quanto ce la meritiamo? Anzi io la voglio padre, te? Stamattina mi sono svegliata con la candela accesa la sera prima inspiegabilmente ancora lì a fare luce. È andata avanti tutto il giorno. Verso le diciannove e quaranta o giù di lì si spegne. So l’orario perché ho guardato il cellulare. Alle 2033 del 21 aprile 2020 chiama mia sorella, ho il telefono ancora in mano e rispondo al primo squillo. Ho già capito. Glielo dico. L’ho capito perché si è spenta la candela. Entro in due mondi: quello della normalità temporale delle azioni e delle parole che si susseguono in modo meccanico e quello dell’immaginazione. Ti vedo padre, vedo te che molli il virus e ti alleggerisci, ti vedo chiaramente che ti alzi di scatto da quel letto dopo aver pensato madonna che rottura di coglioni, sarà mica vita questa! E lasci il peso del corpo per andare dove nessuno possa romperti più le scatole. Provo una pace immensa. Poi mi commuovo profondamente e non smetto di piangere finché tutte le lacrime di commozione non finiscono. Nel frattempo i miei fratelli e le mie sorelle mi scrivono e io scrivo a loro. Domani, domani ci sono cose da fare. Scrivo una lista. Poi prendo la coperta della vita dove dentro ci sei anche te, mi ci avvolgo e ci dormo.

Giorno 32–22 aprile 2020 mercoledì

Con G. e M. avevamo deciso che sarebbe stato lo #sbrokkoday. Per manifesta superiorità e avendo già vinto sette edizioni in una al primo colpo, mi ritiro dalla gara. Ma gli sbrocchi che spio ogni tanto mi faranno molto ridere e mi terranno compagnia. Una cosa contraddistingue la mia famiglia: abbiamo sempre fatto battute su qualsiasi cosa. Qualsiasi. Ridere ci ha spesso salvato. È un salvagente che non si sgonfia mai. Mi aiuterà tutto il giorno mentre io e mia sorella dribbliamo burocrazia e stronzi. I numero uno sono quelli dell’ospedale che scordano una telefonata fondamentale. Nella procedura del ritiro del tuo caro ci sono vari passaggi. Sono le 10 e non abbiamo ancora ricevuto la telefonata con le istruzioni necessarie su come fare dalla Direzione Sanitaria. Ci è stato detto verrete chiamati ma nessuno ci ha ancora chiamato e sono già le 10 cazzo. Quella parte tocca a me e vado in modalità berserk. Dopo tre telefonate a vuoto alla quarta trovo una persona molto gentile che mi dice di chi chiedere per reclamare il caro estinto. Ricomincio daccapo col telefono e finalmente parlo con S. della Direzione Sanitaria che mi spiega come funziona tutto l’iter per riprendermi mio padre e portarlo dove vuole stare lui ovvero nella doppia vicino a mia madre. Parentesi: nel 2003 quando dovette andare a prenderle il posto al cimitero c’ero anch’io. Al comune gli avevano chiesto vuole la singola o la doppia? Ci eravamo guardati. Eh? La singola o la doppia? Può prendere la doppia così è sicuro che quando muore starà vicino a sua moglie. Le. Nostre. Facce. Incredule. Mio padre aveva detto dipende dalla differenza di prezzo. La. Faccia. Della. Tizia. Poi guardando me aveva detto mi dia la doppia allora ma ci vado il più tardi possibile. Te lo ricordi papà? Io sì e ti eri toccato anche le palle di brutto. Te le starai toccando anche adesso mentre quella blatera incolore di caro estinto (estinta ci sarà lei), di camera mortuaria, sacchi, zip aperte sulla faccia, effetti personali, ritiro della salma. Chiedo: avete un bracciale identificativo? Sì. Come so che non avete fatto casino e che si tratta di mio padre? Nemmeno mette in discussione la mia domanda e risponde robotica sono calati i decessi covid e ieri abbiamo avuto solo suo padre. Chiamo mia sorella che si prende il segmento pompe funebri. Le dico solo una cosa, di farsi mandare la foto del bracciale identificativo. Nel giro di mezz’ora l’efficienza vince sulla burocrazia e scopro come funziona ora (data alla mano mentre scrivo) possono prelevarlo loro con la nostra delega. Specifico che tutto questo avviene nel comasco, mi sembrano passi avanti rispetto a tre settimane fa dove nella cara e umana regione dei danee su tutto, gli altiforni non si spegnevano mai. Si può persino fare una funzione privata con massimo 5 persone. Proviamo un sollievo enorme. Enorme. Alle onoranze funebri di persona ci va mio zio A. fratello della 92enne (zio A. è Heisenberg impersonificato, anche in bellezza) che in dieci minuti sistema tutto e ci scrive. Vi arrivano entro domani i permessi via whatsapp per la funzione, è alle 16. Alle 1244 mi arriva la foto del bracciale identificativo e mi quieto. Un po’ di quiete per qualche ora e poi di nuovo cose da sistemare, ho chiuso una lista, ne apro un’altra. Ricevo la chiamata da ATS che mi chiede tutta la storia di mio padre. Mi fanno un sacco di domande, sono preparata ho scritto tutto, è tutto qui da leggere. Le domande sono tante ma le so tutte. Tanto che passiamo al livello successivo. Mi chiede ma la Dottoressa R. ha fatto qualcosa? Ve la ricordate la burocrate di merda? Scopro che non ha MAI notificato mio padre all’ASL. La notifica è avvenuta dall’ospedale per cui il 18 aprile probabilmente. Scopro che anche i casi sospetti andavano notificati se provenienti da rsa, ad esempio. Una cosa doveva fare, una. Le dico può segnalare che del reperimento delle medicine me ne sono occupata io? Certo. Può segnalare anche questo? E questo? Certo tutto. E la sento pigiare sulla tastiera. Musica. Quella tastiera è musica. La sera la mia casa è piena di persone che mi abbracciano. Mi basta guardare sul muro delle polaroid. Più tardi mi chiama mia cugina D. che si è occupata di sistemare tutta la parte parenti prossimi del piacentino e di tenere lontano eventuali scassaminchia. Mission accomplished. Come dice lei siamo gente coi piedi nella terra e abbiamo radici. Sento che ha ragione. Prima di dormire digito quel messaggio che ho rimandato sapendo che avrebbe di nuovo rimescolato il mazzo di carte. Ho solo preso qualche ora, dai. Non arrestatemi poliziotti della realtà. Sono innocente.

Giorno 33–23 aprile 2020 giovedì

Tutto ruota attorno al momento del ritrovo. Arrivano i permessi su whatsapp. Prendo il biglietto del treno. Sono pronta per uscire. Sono bardata. Mando una foto a mia sorella. Sembri la sorella di Hannibal Lecter. Non penso manco per un secondo a tutto quello sto facendo perché se ci pensassi i miei piedi rimarrebbero attaccati al suolo senza potersi muovere mai più per sempre. Prendo un taxi, vado alla stazione. La polizia mi chiede autocertificazione, gli mostro i permessi. Sono tecnolesi sanno scambiarsi foto zozze su whatsapp lo sento ma riconoscere un certificato di morte in pdf no. Allora gli dico senza particolari inflessioni sto andando al funerale di mio padre. Mi guardano un po’ vitrei come zombie eh ma autocertificazione la deve fare lo stesso su carta. Non dico nulla mi giro e vado al banchetto. Non ho finito di scrivere il mio nome che mi trovo due piedi davanti e il poliziotto di prima che dice lasci stare. Allora prendo il treno, ci salgo. Quante migliaia di volte ho fatto quella tratta, quanti migliaia di tag ho visto dal finestrino. Vedo un sacco di cose dal finestrino. Distese di fiori gialli. È vero, è primavera. Scendo alla mia fermata e vado al cimitero. Sono in anticipo. Heisenberg è già lì. Poco dopo arriva mia sorella. Tutto dura venti minuti. Avresti gradito. Raccoglimento, discrezione. Non so cosa avresti invece pensato di Twitter. Ho scritto una cosa di getto alla quale sono stati messi seimila cuori, che è stata vista duecentoventimila volte, fosse solo per un secondo. E non smette. Non smette, papà. Mi sono arrivati messaggi potenti e pieni di qualcosa che somiglia all’energia pulsante dei fiumi che scorre, scorre e non si ferma e secondo me in quel fiume ci sono anche i pesci come una volta nel Trebbia, allora guarda sono tornati in qualche modo, hai visto?

Sera, giorno 33 del 23 aprile 2020

Mentre scambio alcune riflessioni con S., mi rendo conto che se la morte di mamma ci aveva gettati tutti su isole di terribile solitudine, aveva 56 anni è stato un dolore atroce, prematuro che ci ha condotto quasi tutti sull’orlo della pazzia cui siamo sopravvissuti, la tua babbo, ci ha riuniti in questa distanza che abbiamo scoperto di saper colmare in molti modi e risorse che avevamo semplicemente dimenticato. Un cerchio si è compiuto. Sono stati 31 giorni durati un mese ciascuno, covid-19 ha solo scoperchiato qualcosa che esisteva già. Ha accelerato brutalmente un processo che esiste nell’ordine delle cose. È stato e continuerà a essere un’impietosa lente di ingrandimento per ogni falla del sistema. Di qualsiasi sistema. Questo virus non si sconfigge, non è una guerra. Ci aiuterà essere responsabili e concentrati, intelligenti, attenti e competenti. Ho scritto che al suo cospetto siamo lenti, troppo lenti: forse la prospettiva è un’altra ancora più complessa anzi non una sola univoca, niente tunnel ma autostrade quantiche di possibilità. La mia filologia arriva fino alla parola microcosmo e che solo in parte è racchiuso qui in queste parole. Se avessi saputo disegnare, avrei disegnato, se avessi saputo costruire, avrei costruito. Ho scritto, restituendo una parte, non il tutto che rimane foschia leggera, impalpabile, eterea. Siamo e rimaniamo, buzzurri che maneggiano fiocchi di neve.

Voglio dire grazie alle persone della mia vita, tutte. Tutte. Dal più profondo del mio cuore. Voglio ringraziare anche te che leggi e non ci conosci e non sai chi siamo ma che, se ci pensi e cerchi bene dentro, un po’ lo sai perché ti somigliamo.

  • Edit 4 maggio: Oggi mi ha chiamato il Dottor M.: non si è mai ammalato, era un caso di omonimia.
  • La cronologia del Covid-19 in Lombardia che si interseca con la vicenda di mio padre.

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