La vita delle femmine è quella cosa che succede mentre i circoli di cucito si fanno fregare gli aghi

Daniela Losini
10 min readJan 16, 2020

Sono successe un po’ di cose molto recentemente per me indicatrici di un sistema che sta implodendo e che sta cercando di conservare lo status. Ogni giorno che passa il gigante mostra le sue debolezze. Di seguito scriverò di argomenti disdicevoli come le polemichétte da circolo di cucito degli intellettuali (maschi) in Italia, della moda come veicolo di messaggi positivi, di altre cose ancora più disdicevoli come le contraddizioni insite nella natura umana, di Academy mainstream gestita da maschi bianchi vecchiotti, di Sanremo e conduttori (maschi) e di attivismo (di tutti).

#librinicarini

Un articolo su come viene divulgata la cultura in Italia grazie a quella brutta cosa che si chiama Internet e in particolare Instagram, ha dato il via ad alcune riflessioni più interessanti del contendere dell’articolo stesso. Nella zuffa mi son parsi tutti degli affiliati a un circolo di cucito cui avevano rubato gli aghi ma tant’è, a volte per rinvigorire ben più virtuose battaglie cominciate anni fa, van bene pure le miccette. Dicevamo Instagram, social nato nel 2010 dove stanno approdando gli orfani di Facebook, dove già noi iscritti della prima ora siamo i vecchi di qualcun altro. L’articolo se la prendeva con gli estetismi fini a se stessi, caratteristica peculiare del suddetto social, vero, ma anche fonte di ispirazione continua; luogo dove ognuno è libero di essere editore dei propri contenuti, di creare un mondo, di seguire e non seguire chi gli pare e — pensate quale mesmerizzante libertà — di avere scelta. Dove — mala tempora currunt — persone innamorate dei libri riescono a farsi ascoltare da altre persone innamorate dei libri, a far parlare di libri (magari non il tuo libro ma non è colpa di nessuno mi pare) e a farli, in alcuni casi - persino vendere. Su Instagram, ci insegna l’articolo, si scopre che ci trovi attiviste che fanno il loro lavoro di attiviste ovvero divulgano libri scritti da donne che raccontano storie di tutti. Le cose, evidentemente, vanno dette e ridette. Prova a fare un sondaggio tra i tuoi amici maschi (no non parlo della tua bolla, dimenticatela) e la maggior parte per superficialità, mica perché sono cattivi ma un po’ scemotti è quasi certo, ti dirà che una scrittrice donna racconta solo cose di donne. Ma che ne sai se non ne hai mai letta una. Lo stesso discorso è applicabile a qualsiasi campo. Quindi ben vengano le didascalie e i luoghi dove si raccontano alternative a quello che si è sempre detto, fatto, aspettato. L’articolo dimenticava di contestualizzare che la maggior parte dell’intellighenzia editoriale in Italia è composta (come del resto in moltissimi altri luoghi, un po’ come i virus che si annidano dappertutto) nei punti di potere da maschi tra i 45 e i 65 anni ovvero boomer, celoduristi, maschilisti e paternalisti (se va bene) dinosauri inamovibili con le stesse caratteristiche, se va male. Invece di proporre alternative realistiche a un sistema che sta crollando perché non funziona più pensato come è pensato, si punta il dito sulle alternative nate in modo spontaneo denigrandole e cercando di sminuirle. Viste da fuori queste uscite fanno sempre un po’ corte di Versailles che si accorge dell’esistenza dei poveri. Ci si dimentica anche di ricordare che ci son stati momenti nei quali il marketing ha provato a far vendere i libri magari in modo rozzo ve ne do atto mentre gli scrittori si incazzavano a morte stile oh mica sono un prodotto io come ti permetti faccio l’arte, seguito dall’epifania del momento in cui gli stessi scrittori piangevano perché avevano perso il treno della popolarità conquistata in prima persona — di solito da altri — sui social network. Ho semplificato all’osso ma ci siamo capiti. In tutto questo mare magnum ci sono i battitori liberi tra i maschi e le femmine, per fortuna. Quelli che fanno il loro mestiere indipendentemente dai clientelismi, dal tornaconto, quelli che amano il loro lavoro (pazzi) e non mollano, quelli che hanno una visione e fanno di tutto per realizzarla. Sono talmente occupati a fare la loro cosa che non si mettono a usare spazi di informazioni sui giornali per lamentarsi della cattiveria delle femmine che gli avrebbero fatto chiudere l’account (qui si è provato a farne chiudere uno che aveva contenuti oggettivamente osceni e non ci si è riusciti mi sembra quantomeno complesso credere che ne sia stato chiuso uno per un gnene ma oh io credo a un mondo migliore per cui, ok) o megafonetti vari per scrivere e contro scrivere che le cose non vanno come sono sempre andate. I battitori liberi invece fanno da soli, si sporcano le mani, non chiedono a nessuno il permesso di esserci, vanno a prendersi quello che ritengono gli spetti. Come dicevo nella premessa ho scritto di cose disdicevoli mettendo le mani nel fango termale della polemichétta del momento ma vedi tu che ora le ho più lisce. A volte a uscire dalla comfort zone regala una lente di ingrandimento per individuare i micro cedimenti. Un micro cedimento qui, un micro cedimento là. Ogni volta che si levano degli scudi c’è uno smottamento del sistema, ogni volta che si rompe un argine, il fiume si allarga. Il cambiamento è in atto, sembra tutto immobile ma non lo è. Un sistema morente agonizza per molto tempo, è la caratteristica dei malati terminali. La fine è nota.

MASCOLINITA’ TOSSICA

Guccy ha appena sfilato a Milano e ha rilasciato un copy della sfilata che raccontava un’alternativa alla mascolinità tossica. Mi ricordo un esperimento di qualche anno fa su FB. Lo rompemmo quando si decise di mettere la foto di un modello in ballerine. Arrivò una tale bordata di insulti sia da femmine sia da maschi che durò per giorni. Addirittura scrissero bestemmie. Fu illuminante. Fu anche molto triste rendersi conto che stavamo e stiamo ancora a certi livelli di bassezza. Voi direte ma su Facebook ci stanno le mandrie ed è lì che sbagliamo. L’errore che si deve smettere di fare è pensare che il cosiddetto paese reale non ci riguardi mai. Mentre noi abbiamo pensato questo e abbiamo preso distanze siderali, che arroganti, il paese reale ha occupato tutto lo spazio che la nostra accidia ha lasciato a disposizione. È anche vero che bisogna scegliere quali battaglie compiere ma ci sono momenti in cui si è chiamati a prendere posizione e bisogna farlo. Guccy nel gennaio 2020 ha preso posizione. Non mi interessa un grammo analizzare se questa scelta sia dettata dal marketing, da una mossa strategica, da una profonda riflessione, dal dna del brand. Mi interessa e moltissimo, che lo si espliciti e che si dia palcoscenico a qualcosa che ha un valore intrinseco. Non è che se Guccy fa suo un valore del genere allora non essere già di fatto contro la mascolinità tossica diminuisca di importanza. Non è che Maria Grazia Chiuri di Dior quando aveva portato in passerella il tema del femminismo avesse sminuito l’esserlo. Ci sono valori che travalicano persino l’appropriazione (non sono questi i casi secondo me) e che vanno avanti da soli. Megafonizzati attraverso l’arte o la moda non si sviliscono. Non è che nonostante Prometheus, Alien sia meno Alien. Faccio l’esempio téra téra di Frida Khalo: la sua icona pop non toglie qualcosa alla sua essenza, rimane la persona incredibile e magnifica che è stata indipendentemente dal simbolo nel quale viene semplificata. Non è che la Gioconda perda il suo fascino nonostante sia finita pure sulla carta igienica. ‘Sto atteggiamento snob di guardare le masse e pensare sempre che solo loro siano pecore leviamocelo dalla testa. Ci sono giorni in cui le pecore siamo noi. Non è che trovi particolarmente edificante citare gente che piagnistea (vedi punto #librinicarini) sui giornali di cose tutto sommato personali ma me ne frego se serve a puntare l’accento per l’ennesima volta sul fatto che in Italia siamo alle solite: sessismo, sopraffazione, paternalismo, prepotenza maschile che si esprime molto bene dove e come può con l’unico scopo di autoriprodursi ad libitum. Quindi, grazie Guccy.

ACADEMY WASP

Anche qui giù di retorica con la solita frase: ma di cosa ci stupiamo? La maggior parte dei votanti sono bianchi, vecchi, ricchi e privilegiati cosa mai dovrebbero indicare? Gli Oscar fotografano l’establishment e quindi perché meravigliarsi? Ma non è stupore amici, è proprio rabbia. Come si fa a sprecare un palcoscenico così per raccontare sempre le stesse cose? Le donne registe ci sono, i registi di colore ci sono non è che condendo ogni tanto la ceaser salad con il curry allora copriamo la quota esotica. Il cambiamento deve essere sistematico, i segnali vanno dati in modo molto chiaro a cominciare da chi ha il potere di farlo. Ci piaccia o meno gli Oscar sono popolari, pure mia nonna 92 anni sa cosa sono. Una mia collega mi ha detto sono andata a vedere Piccole Donne, sala gremita, ci fosse stato un maschio. La risposta è fa-ci-lis-si-ma. C’è la parola donne nel titolo, ci sono un sacco di femmine, la regista è femmina per cui io maschio se vado a vederlo non ci troverò nulla che possa parlarmi. Non ci piace ma è così e se nel 2020 succede questa cosa abbiamo ancora un elefante enorme nella stanza di cui non vogliamo parlare. Come si può porre un maschio verso questa questione? Come per tutte le questioni: ascoltando. Ti stiamo dicendo che c’è un problema. Il fatto che tu non lo veda non significa che non esiste. La soluzione? La possiamo trovare insieme. Non soffocando l’uno con l’altra con le proprie ragioni ma collaborando ad armi pari. Pensa. Ad armi pari. Collaborando. Tu pensa che roba.

AMADEUS

Non è lui il vero problema. Ho letto in giro che dovrebbero togliergli la conduzione. È un bravo conduttore? Credo di sì. È un pirla maschilista che ha vissuto su Marte fino a oggi? Credo di sì. Dovrebbe chiedere scusa? Penso di sì. Avrà capito cosa ha detto mentre lo diceva? No. E come lui il sistema di cui è figlio e che evidenzia la sua totale alienazione dalla realtà. Questo è un paese dove la democrazia cristiana ha appiattito tutto usando la mediocrità come strumento di sopravvivenza, sostituita dal ruspante conservatorismo della lega, un paese nel quale un imbonitore col cerone e inguaiato con la giustizia ha spadroneggiato tronfio per venti anni proprio come quell’altro, con la sola differenza che i treni in orario non ci sono arrivati più, un paese nel quale ignorare una cosa è diventato un vanto, nel quale si è scambiata la libertà di parola col poter dire qualsiasi cosa. Amadeus nasce nel sistema: va cambiato quello. Alla radice.

ATTIVISMO

Un esempio di pregiudizio introiettato: eh io e i miei amici maschi facciamo squadra per voi invece è diverso. Non sapete quante volte sento questa frase alla settimana. Ci sono i giorni buoni in cui non ho voglia e non discuto poi ci sono i giorni in cui mi metto con pantagruelica pazienza e racconto perché questa frase rivela un pregiudizio più o meno inconsapevole, altri che direi adesso ci vediamo fuori ti meno a mazzate e poi vediamo chi non fa squadra e se la prossima volta lo dici ancora. Mi pare sia giunta anche l’ora di smetterla di pensare che c’è solo un modo giusto per essere attivisti. Di base non abbiamo bisogno che i maschi ci diano ragione o peggio, la consentano, che ci diano ascolto sì. La ragione ce la prendiamo da sole. Di base c’è che bisogna smetterla in tutti i modi possibili di chiedere scusa perché non si è attivisti come si dovrebbe esserlo. Chi l’ha deciso? Quale è l’unico modo giusto? Alzare le barricate forse non serve ma in alcuni momenti sono l’unica cosa possibile. Perché dovremmo dirvi bravi se per una mezza volta siete riusciti a essere empatici con le difficoltà che contraddistinguono il nostro genere? Ma che dàvero pensate che noi abbiamo sempre voglia di battagliare? Ma quale scelta rimane se ancora oggi bisogna spiegare per filo e per segno la differenza tra una molestia e un complimento, tra una goliardia condivisa e un’offesa gratuita? Tra il consenso e la prepotenza? Se ci fosse equità non ci sarebbe bisogno di attivismo ma l’equità non c’è. O meglio spesso è finta, tollerata, regalata, malvista, troppo poco condivisa e davvero compresa, sostenuta, perpetrata. Sarebbe una virtuosa catena di collaborazione e invece tocca fare muro delle volte. Come fa un maschio bianco privilegiato a capire cosa significa essere una femmina che prende il 20% 30% per cento dello stipendio a parità di lavoro? Come può fregargliene qualcosa se non lo riguarda? Perché? Come glielo fai capire che ci sono buchi enormi in questo sistema basato sulla sopraffazione e sulla prepotenza se non ha mai provato sulla sua pelle quotidianamente cosa significa essere valutate prima che per ogni altra cosa, per il proprio aspetto fisico e DOPO per le proprie capacità? Se ci mettiamo a riscuotere i crediti nel 3000 siamo ancora qui. Non è meglio collaborare? Datevi una mossa.

PRIMA DELL’ALBA

Là fuori ci sono parecchie brave persone che hanno bisogno di riconoscersi in qualcosa di nuovo, aperto, accogliente. Questo è il lavoro da fare, quotidiano, instancabile, incrollabile, per smantellare pezzo pezzo un sistema. Non serve lavarsi la coscienza serve averne una.

PS

Abbiamo un altro ENORME problema: il blaming sulla faccenda Amadeus nello specifico e il blaming in genere sulle donne. Perché le donne hanno accettato di fare le vallette? C’erano posti liberi da direttori creativi? Da presentatori del Festival? Indovinate da chi sono coperti per la maggior parte. E poi, perché nessuna di loro si è ribellata? Ribadiamo ancora l’ovvio: stiamo di nuovo spostando l’attenzione altrove, sui sintomi e non sulla malattia. Cosa significa vivere nella cultura della sopraffazione lo avevo cercato di raccontare nel 2017 e non cambierei una virgola. Si parlava del #metoo e #quellavoltache. A distanza di tre anni non siamo ancora pronti per far diventare ironia queste cose perché non c’è stata ancora una vera presa di coscienza e conseguente elaborazione collettiva del problema dato che leggo ancora commenti che condannano il comportamento femminile, sull’aspetto fisico, sulle capacità più o meno presunte delle donne. Abbiamo ancora tanta strada da fare. Nel momento in cui saremo capaci di essere realmente comprensivi con le persone che fanno cose che non condividiamo, non capiamo o ci mettono a disagio, avremo un altro tassello di empatia. Fino ad allora, lavorare duro, lavorare sodo.

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