La storia che racconta di te amico o amica che sei stat* mess* all’angolo almeno una volta.
Ogni volta che si esprime un giudizio, di qualsiasi natura esso sia, si mettono le persone all’angolo.
Lo facciamo tutti, in ogni momento, spesso, sempre, con gusto, con retrogusto, a ragione, a torto.
Ci sono dei giudizi che riusciamo a gestire e che disfiamo come Houdini riusciva a disfarsi dalle catene mentre altri pre o giudizi pesano sulle nostre teste irrisolti come l’aria viziata di Fukushima o Chernobyl o Hiroshima a seconda di quando siamo nati. Perché c’è sempre una catastrofe nucleare a segnare il nostro passo umano nelle epoche. Pensateci.
Per alcuni i giudizi si trasformano in sopraffazione nuda e cruda.
Sono letteralmente circondata da tentativi più o meno falliti o portati a segno di sopraffazione nella vita di tutti i giorni. Non passa giorno che non legga una cosa contro qualcuno per partito preso, non passa giorno che se non succede a me, succede a una persona che conosco.
Sono tanti gli esempi pratici: una barriera architettonica in più, un mi porti un caffè dal cliente maschio che vede lo staff per la prima volta (e tu sei il capo progetto), i commenti attrici cesse sotto il trailer del nuovo Ghostbusters, definire le persone sminuendole, l’arroganza di chi ha un’oncia di potere in più di te, zittire l’interlocutore con un perché è così, non accorgersi che è talmente radicata la sopraffazione dell’altro che si rivela persino in frasi o comportamenti apparentemente innocui.
Sopraffazioni di genere o di potere sono spesso frutto di una mentalità bassa, rimasta a livelli di consapevolezza embrionale. Altre volte invece nascono dal totale disinteresse nei confronti di ciò che non è riconducibile alla propria esperienza personale. Altre volte ancora dalla piena consapevolezza di agire sempre per schiacciare altrimenti si viene schiacciati.
La costante è *sempre* la totale mancanza di empatia.
Faccio un esempio. Se nella vita nessuno ti ha menato a sangue e per strada incontri una persona menata a sangue puoi pensare tre cose: cazzo so come ci si sente, cacchio non oso pensare come ci si senta, che me ne importa non è successo a me.
Provate ad applicare questo ragionamento alla cultura della sopraffazione.
Letteralmente sopraffazione significa: azione di forza o comportamento prevaricatore con cui si impone la propria volontà, i sinonimi sono prepotenza, sopruso.
Fate un attimo mente locale: vi è mai successo? Come avete reagito? Cosa avete imparato?
Personalmente penso di non aver imparato niente perché ogni volta mi si torcono le budella e ho solo voglia di far sentire male la persona sopraffacente esattamente come ha fatto sentire me, una categoria, una persona, una amica, un collega, un gatto, un cane.
Poi ragiono e penso: cosa mi rende diversa dai prepotenti? E vorrei avere la forza zen per dimostrare sempre quella presunta grandezza che sta nelle risposte pacifiche.
Invece vorrei discutere e persino litigare e andare in piazza di più di quel che faccio per le cose che vengono costantemente rubate a me o alle persone e a coloro che non urlano e la cui voce si scioglie sopraffatta dagli schiamazzi.
Perché molto più spesso di quanto vorremmo ammettere la vita è fatta di crediti mai riscossi, di mancati risarcimenti e di ferite che guariscono per caso e che pulsano segnando il cattivo tempo.
Per questo motivo penso che il bilancio non sarà mai sufficientemente equilibrato e penso che non si debba smettere mai di farsi rispettare, di muovere le cose in avanti e di non farsi intimorire mai. Nemmeno dalle piccole paurine personali. Anzi, soprattutto da quelle che sono le più pericolose e subdole.
Perciò la prossima volta che vi dite lasciamo perdere beh non lo fate perché continuerà a succedere. I prepotenti non smettono mai di esserlo.